August 18, 2019
Fumitake ARIMA
È una cosa ovvia conoscere il proprio paese e la zona in cui si vive. Tuttavia, sfortunatamente i giapponesi hanno una scarsa conoscenza della ricca cultura del proprio paese. Per questo voglio parlare dei santuari scintoisti e dei templi buddisti, che hanno un funzione molto importante nella vita e nella cultura dei giapponesi.
I santuari (jinja) sono la dimora degli Dei. Appartengono alla religione autoctona del giappone, chiamata scintoismo (shinto) ed sono riconoscibili per i caratteristici grandi portali (torii) posti davanti all’ingresso, che hanno la funzione di separare lo spazio sacro del mondo delgi Dei dallo spazio profano del mondo degli esseri umani. Lo scintoismo è una religione politetistica: fenomeni naturali come montagne, foreste, pietre e alberi sacri, ma anche esseri umani eccezionali sono venerati come divinità. I santuari sono i luoghi dove il divino è presente, spesso in forma di oggetti sacri appartenenti agli Dei, e i fedeli li visitano spesso per pregare. I santuari scintoisti occupano un posto molto importante nella vita dei giapponesi e possono essere considerati il centro della loro vita spirituale, al punto che è quasi impossiblile trovare qualcuno che pur vivendo o avendo vissuto in Giappone non ne ha mai visitato uno.

Il santuario ritenuto il più antico del Giappone è il santuario di Okami, situato nella città di Sakurai, nella prefettura di Nara. Non è chiaro quando e in che circostanze sia stato costruito, ma è menzionato nelle cronache più antiche del Giappone.
I templi giapponesi, invece, sono i luoghi di culto del buddismo, e sono molto diversi dai santuari scintoisti sia dal punto di vista architettonico e artistico che da quello religioso. Nei templi non si trovano gli Dei e i loro oggetti sacri, ma statue dei Buddha e spesso anche cimiteri. I templi buddisti sono nati in India, culla del buddismo, e sono arrivati in Giappone attraverso la Cina e la Corea. Il buddismo fu insegnato originariamente tra il 6° e il 5° secolo a.C. dal Buddha Shakyamuni, e siccome insegnava la nonviolenza verso tutti gli esseri viventi, pare che i monaci indiani non volessero correre il rischio di danneggiare insetti e altre creature pestandoli involontariamente durante la stagione dei monsoni. Per questo i monaci, che erano originariamente itineranti, durante la stagione delle piogge si fermavano a meditare in luoghi che si sono evoluti fino a diventare templi.

Vediamo ora cosa si deve fare quando si entra in un santuario scintoista per pregare. Accedere al terreno del santuario significa entrare nella dimora del Dio, ed è necessario seguire regole ben precise. Innanzitutto quando si arriva ai piedi del portale torii si deve fare un inchino prima di procedere. L’atto iniziale di passare sotto al torii ha già di per sé una funzione purificatoria, ma avanzando verso il santuario si incontra un padiglione per le abluzioni rituali, chiamato chozuya o temizuya, e la prima cosa da fare per poter entrare è lavarsi le mani (temizu), la bocca, ed infine lavare il manico del mestolo di bambù con cui si attinge l’acqua dal bacino. Si tratta di un rito di abluzione che ha la funzione simbolica di purificare il corpo e la mente preparandoci all’incontro col divino, e in passato nei santuari che sorgevano vicino al mare o a fiumi o laghi si usava l’acqua delle risorse idriche naturali. All’interno dell’area sacra il terreno è coperto da ghiaia su cui molti trovano un po’ difficile camminare. Ci sono varie teorie sulla sua funzione, ma in particolare si dice che anche il suono emesso camminando sulla ghiaia ha il potere di purificare, o che è un segnale per far sapere al Dio che qualcuno è entrato nell’area sacra.